Start up energetiche italiane, serve un decreto ad hoc per il settore

Convegno I-Com sull’innovazione energetica, interviene anche Paolo Cellini, docente Internet Economics alla Luiss.

Start up energetiche italiane, serve un decreto ad hoc per il settore

Se si vuole avviare un'attività o si ha un'idea da realizzare, molto spesso è necessario trovare un prestito vantaggioso che permetta di ottenere la liquidità necessaria per partire con il proprio progetto. Nel caso di piccole e medie imprese, rivolgersi al sistema bancario può rappresentare una soluzione, ma non si può dire lo stesso per le start up.

Finanziarie come Agos e Findomestic, per esempio, offrono finanziamenti appositamente per chi vuole avviare un'impresa, oppure per chi ne ha già una e ha bisogno di nuova liquidità. Investire nelle start up, invece, comporta un rischio che le banche raramente sono disposte a correre.

Per queste proto imprese, quindi sono necessarie altre forme di finanziamento. È quando ha affermato anche Paolo Cellini, docente di Internet Economics alla Luiss Guido Carli, durante il suo intervento al convegno organizzato dall'I-Com sul tema dell'innovazione energetica italiana.

Cellini ha affermato che il sistema degli investimenti italiani è davvero ristretto: nel 2013 sono stati investiti 80 milioni di euro nelle start up, di cui 30 milioni in realtà provenivano da finanziamenti di business angels. Un calo del 30% rispetto all'anno precedente, reso ancor significativo se pensiamo che in Europa sono stati investiti 3,5 miliardi di euro in capitale di rischio.

Questo ritardo negli investimenti è sicuramente dovuto ad un ritardo di attenzione nei confronti di questo settore: in Italia si è iniziato a parlare di start up con dieci, anche dodici, anni di ritardo rispetto all'Europa. Nel nostro Paese emergono circa 380 mini imprese all'anno, ma il potenziale è sicuramente sei o sette volte superiore.

Il problema risiede sicuramente nella mancanza di capitale specializzato: su 1200 start up innovative, solo 120 riescono ad ottenere un finanziamento. Una situazione certamente comprensibile, se pensiamo che in Italia esistono solo cinque o sei venture capitalist.

Di questa situazione risentono in particolar modo le start up energetiche, che non fatturano e hanno pochissimo personale (in media, 1,5 impiegati). A ricevere i finanziamenti, infatti sono più spesso le imprese del settore internet.

Proprio per questo Cellini auspica un decreto ad hoc per la creazione di imprese nel settore dell'innovazione energetica.